Mulanje orchid: Polystachya tessellata, orchidea dal Malawi

Polystachya tessellata

Quando Teofrasto, filosofo greco discepolo di Aristotele, scrisse il primo trattato sistematico Storia delle piante (Περὶ Φυτῶν Ιστορίας) ne descrisse alcune con due bulbi rotondi sulla base delle radici. Vista la somiglianza con i testicoli dell’uomo, Teofrasto le chiamò “Orchis”, (in greco “testicoli”) da cui il nome “orchidee”.

Questi “organi”, definiti pseudo-bulbi, vengono utilizzati dalle orchidee, soprattutto in quelle epifite (che cioè vivono su altre piante) per immagazzinare acqua e elementi nutritivi utili per la sopravvivenza in periodi di carenza di umidità.

La Polystachya tessellata è sicuramente l’orchidea più diffusa del genere Polystachya, diffusa in Africa dalle regioni umide della Liberia alle foreste del Sudafrica. Il nome deriva dal greco polys (molto) e stàchys (spiga), per via delle numerose piccole infiorescenze che produce. In Malawi, questa orchidea è confinata nelle boscaglie di Zomba, sugli altopiani di Vipya e nelle foreste tropicali di Mulanje.

Anche se normalmente è ospitata e associata a piante indigene, io ho avuto la fortuna di vederla fiorire su una Jacaranda per tutto il mese di marzo.

I Chewa la chiamano anche Mwanawamphepo (letteralmente medicina) ed è l’unica orchidea i cui petali, in infusione, vengono usati nella medicina tradizionale malawiana per la cura dei dolori di stomaco.

Spathodea campanulata: incantevole e fatale!

Spathodea campanulata

Spathodea campanulata

Ordine: Lamaiales
Famiglia: Bignoniaceae
Genere: Spathodea
Specie: Spathodea campanulata
(P. Beauvois)

L’albero dei tulipani o “tulipier du Gabon” come generalmente si definisce nell’Africa francofona, è sicuramente uno dei più incantevoli alberi delle foreste tropicali dell’Africa centrale.

Imponente e sempreverde raggiunge anche i 25 m. di altezza e deve la sua bellezza ai boccioli rosso-arancio.

Il nome scientifico deriva dal greco “σπαθη” (spada) e “οιδα” (idea, forma), cioè a forma di spada; il nome specifico “campanulata”, a forma di campana, si riferisce invece alla corolla.

E’ tra le 100 piante più infestanti del mondo, cresce rapidamente con radici poco profonde e per la sua magnificenza è considerata una delle piante ornamentali più ambite nei i giardini tropicali.

L’albero fiorisce una volta l’anno e i fiori vivono solo 3 giorni. Gli uccelli sono ghiotti del prezioso nettare o dell’acqua che nella notte rimane intrappolata.

Una volta caduti a terra, i bambini li usano come piccoli velieri in simpatiche regate nei piccoli ruscelli vicino ai villaggi o come strane “trombette” che spruzzano l’acqua.

Nella medicina tradizionale rimane un albero con notevoli proprietà guaritive, le foglie in infusione sono utilizzate per il trattamento della malaria, la corteccia viene bollita è usata come ipoglicemizzante.

I cacciatori utilizzavano un decotto velenoso fatto con i semi per ungere le loro frecce e trasformarle in un’arma fatale! © Stefano Pesarelli

Streghe della notte: la Civetta Pescatrice di Pel

Civetta Pescatrice di Pel

Civetta Pescatrice di Pel

Streghe della notte

…come la civetta quando un giorno compare.” (tratto dall’Enrico VI di Shakespeare – Parte III, atto V, scena IV)

Quando il Duca di Somerset, dopo il discorso della regina Margherita, incoraggia all’ennesima battaglia il Casato dei Lancaster contro il Casato degli York, tuonando: “E chi non vuole combattere per una tale speranza vada a casa e a letto e se si alza, sia oggetto di scherno e di meraviglia come la civetta quando di giorno compare”, di sicuro non pensava alla Civetta Pescatrice di Pel, ma la storia e la letteratura offrono da millenni un quadro curioso del rapporto tra l’uomo e questi rapaci notturni.

Leonardo Sciascia, nel suo celebre “Il giorno della civetta” alludendo proprio a Shakespeare e all’ambiguità della civetta, costruisce un intero romanzo sulla metafora tra il giorno e la notte e la spietata lotta tra mafia e Stato.

Nell’antica Roma le civette erano temute, le troviamo negli scritti di Plauto e Plinio, nella Metamorfosi di Publio Ovido Nasone, il poema epico-mitologico, Ascalafo viene punito e tramutato in civetta, icona negativa, dopo aver divulgato il peccato di Proserpina che aveva mangiato di nascosto un melograno. Gli Egizi le associavano alla morte, al freddo e in Grecia erano venerate perchè sacre alla Dea della saggezza Athena, figlia di Zeus che le considerava sagge e intelligenti perchè vedevano nel buio. L’effige della civetta compariva in molte monete ateniensi ed attualmente, di nuovo, sulla moneta greca da un euro.

In gran parte del Continente africano gufi e civette sono temuti e spesso accumunati a presagi e credenze mistiche o a proverbi annunciatori: “Chi trova le uova del gufo diventa presto ricco”, recita un proverbio Masai.

Per iniziare a conoscere la Civetta Pescatrice di Pel, bisogna ancora fare un salto nella storia dell’Ottocento, negli anni delle grandi esplorazioni del Far West americano e dell’uscita de “I Promessi Sposi”, del viaggio di Charles Darwin intorno al mondo sulla nave HMS Beagle, quando in Italia il biologo francese Carlo Luciano Bonaparte, nipote di Napoleone, fonda insieme ad un gruppo di scienziati italiani, a Pisa, la “Società italiana per il progresso delle scienze”.

E’ il 1850 e Carlo Luciano Bonaparte, ornitologo di fama mondiale, classifica scientificamente per la prima volta, nel suo Conspectus Generum Avium, questa meravigliosa civetta africana in onore del governatore olandese della Gold Coast, l’attuale Ghana, Hendrik Severinus Pel che la scoprì e la documentò accuratamente nella sua ampia collezione zoologica di animali provenienti dalle regioni africane della costa ovest.

Come la maggior parte degli Strigiformes, “uccelli dalla forma di strega” anche la civetta di Pel diviene attiva al calare della notte. Si alza in volo dal suo nascondiglio tra le fronde degli alberi, vola radente su uno specchio d’acqua, individua la preda e l’attacca con i suoi grandi artigli, tornando tra gli alberi per consumare il pasto, iniziando dalla testa. Vista la sua enorme dimensione, che può arrivare anche a 61 centimetri, con una apertura alare di 150 cm ed un peso di oltre 2 kg., questa civetta si deve nutrire di prede abbastanza grandi, pesci, generalmente tilapie, lucci e pesci gatto, rane e addirittura piccoli coccodrilli.

Non è ancora molto chiaro come possa localizzare la preda sott’acqua nel cuore della notte. Non possiede sui margini delle primarie le caratteristiche barbe sfrangiate tipiche dei rapaci notturni che li rendono silenziosi in volo, forse perchè un tuffo senza rumore non è necessario. Non sfrutta a pieno al posizione asimmetrica delle aperture auricolari, classiche di tutti i gufi e civette per captare anche il minimo suono perchè, forse, per pescare, utilizza quasi sempre la vista.

Senza un evidente dimorfismo sessuale, la colorazione del piumaggio assume un colore marrone sul dorso ed un marroncino lievemente più chiaro sul petto. Le penne timoniere sono molto lunghe; il disco facciale più piccolo in proporzione della taglia ed è provvista di artigli molto grandi adatti alla pesca e alle prede viscide.
Il periodo riproduttivo dipende dalla regione in cui vive, ma generalmente va da aprile a giugno. Il nido è la cavità di un albero vicino ad uno specchio d’acqua o l’enorme nido abbandonato di un Hamerkop, dove la femmina depone 2 uova bianche. Solo uno dei due nascituri rimarrà in vita e verrà allevato da entrambi i sessi per 6-9 mesi. La Civetta pescatrice di Pel anche se diffusa in tutta l’Africa sub-sahariana è un rapace molto schivo che difficilmente si riesce ad avvistare. Predilige macchie di foreste vicino a specchi d’acqua profondi, ma sempre ben nascosti e isolati. Anche se non si conosce con esattezza l’esatto numero di esemplari, la deforestazione, l’inquinamento dei fiumi e il degrado dei terreni boscosi in riva agli stessi, l’hanno inserita nella lista rossa dell’IUCN tra le specie davvero a rischio.

Ho avuto la fortuna di avvistare e fotografare la Civetta pescatrice di Pel, dopo molti anni di safari, nei parchi nazionali del South Luangwa, del Lower Zambesi in Zambia  e del Liwonde in Malawi. Ricordo la gioia di questa rara apparizione, sebbene a volte non del tutto compresa dai miei ospiti. Il mio pensiero è subito andato a Hendrik Severinus Pel e mi sono chiesto come l’avesse incontrata, catturata e classificata, chissà che stupore poterla ammirare, magari sul fiume Volta o nell’estuario sulla costa!

Seppure le mie foto non siano così soddisfacenti, porto con me l’emozione di quegli incontri e la certezza che sia stato quanto di più entusiasmante abbia visto in un safari. [leggi l’intero articolo su 34Parallelo.com]

Agapornis personatus (Reichenow, 1887)

Inseparabile Mascherato

Classe: Aves
Ordine: Passeriformes
Famiglia: Psittacidae
Genere: Agapornis
Specie: Agapornis personatus

Eng.: Yellow-collared Lovebird. E’ un uccello endemico degli altopiani della Tanzania con rari esemplari che vivono anche nel sud del Kenya e sulla costa orientale dove però è stato introdotto. Dalla colorazione verde con gola e petto gialli, testa e faccia bruno nere, questo piccolo pappagallo dalla coda corta si muove solitamente in piccoli stormi. Si nutre di semi, ma anche di bacche e foglie. Il suo volo è veloce e diritto. Nidifi ca in colo nie larghe, ma gli uccelli di una coppia formano uno stretto legame e si posano molto vicini per ripulirsi l’un l’altro; maschio e femmina sono identici. Se durante l’avvistamento notate esemplari con una maschera facciale meno marcata, sappiate che questa specie riesce ad ibridizzare con un altro inseparabile: l’inseparabile di Fischer, Agapornis fischeri. Questo uccello è pressochè identico salvo la colorazione della maschera facciale che è mar rone chiara con un lieve dimorfi smo tra maschio e femmina. Quando ibridizza con l’inseparabile mascherato, la parte superiore della testa si colora di marrone scuro. Tratto da Tanzania “Dal Kilimanjaro a Zanzibar, dove l’Africa incontra l’oriente” ed. Polaris

Papio Cynocephalus: tre sottospecie.

Classe: Mammalia
Ordine: Primates
Famiglia: Cercopithecidae
Genere: Papio
Specie: Papio cynocephalus

Tre sottospecie: P. c. cynocephalus in Africa centrale e sud-est incluso Zambia a est del Luangwa, Malawi, nord Mozambico,  Tanzania; P. c. ibeanus si trove nel sud Somalia, a sud-est e sulla costa del Kenya; P. c. kindae a nord dello Zambesi e nell’ovest dello Zambia.

Le differenze tra le sottospecie:

– il colore della pelliccia alla nascita: nera nel P. c. cynocephalus, rossa nel P. c. kindae e bianca nel P. c. ibeanus.

– la forma della coda: il P. c. cynocephalus ha una caratteristica coda “spezzata”; la coda viene tenuta dritta quasi orizzontalmente e a una certa distanza ricade bruscamente, sicché sembra rotta. Le altre sottospecie hanno code con curvatura più dolce.

– le dimensioni: il P. c. kindae è considerevolmente più piccolo delle altre due sottospecie.

– la forma del pelo: il mantello di P. c. ibeanus ha i peli ondulati anziché dritti.

IUCN